Come e quando è nato Radiomagazine

Mia madre era tormentata dalla possibilità che i suoi figli potessero avere problemi di crescita, o peggio di rachidismo… Da qui il suo riproporre continuamente, e forzatamente, ogni sorta di cibo. Compreso una nota marca di carne in scatola. Con un microfono nascosto, e un magnetofono a cassetta regalatomi da Babbo Natale, registrai le incitazioni, in napoletano verace, a nutrirmi di detto alimento. In un secondo momento, mi apprestai ad effettuare una sconvolgente manipolazione di quella registrazione, un montaggio in piena regola, il mio primo montaggio radiofonico, dove la mia povera mamma ripeteva in continuazione la stessa cosa. Certo allora non sapevo ancora nulla di etica professionale, e la cosa finì unicamente in una grossa risata. Da un siffatto teatro familiare, insieme alla questione che avevo due fratelli che sfilavano di notte con una croce di legno, raccontando la mattina successiva, di aver materializzato strane voci… da strani mondi…. dalla radio. Da tutto questo non poteva che venirne una infanzia assai difficile…. Per questo in poco tempo comincia anch’io a dedicarmi alle stesse passioni dei fratelli, scoprendo che la croce di legno, era una antenna loop, e che serviva ad ascoltare segnali ad onde medie, e che le strani voci, erano radio sudamericane. Di conseguenza non rischiavo di bruciare sul rogo come Giordano Bruno.

Molto tempo dopo, mi dedicai alla stesura del bollettino “Italian DX News”. E per questo ne curai una prima versione radiofonica nel 1981. Subito dopo il famoso terremoto dell’80, che evidentemente mi aveva scosso non poco…. (quando accadde ero chiuso nel bagno!!), conobbi Alfonso Montealegre e Jaime Baguena di Radio Nederland, che vennero a conoscermi in Italia, stupiti del fatto che avesse scritto loro un ragazzino di tredici anni. Che ci crediate o no, la storia di Clinton, che stringere la mano ad un ragazzo, può segnare la sua vita, è vera.  Non avrei mai pensato infatti a tutte le scelte che avrei fatto dopo.

Iniziai a collaborare dopo Radio Nederland, anche con la Radio Portoghese, e poi con la Deutschlandfunk, che fu la prima ad elargirmi un piccolo compenso. Per tutte realizzavo dei brevi programmi sul radioascolto. Più tardi con la Deutschlandfunk (l’emittente di stato tedesca, divenuta famosa anni dopo per il concorso “I giovani incontrano l’Europa” organizzato insieme a BBC e GR3), con la DLF cominciai a lavorare da vero giornalista. Mi gettai a capofitto sulle statistiche delle presenze dei turisti germanici ad Ischia, Capri e Sorrento. Scoprì che a Positano c’era Wilhem Kempf. Che Mendelson aveva scritto la Sinfonia Italiana soggiornando ad Amalfi. Che Wagner era stato a Ravello. Che da Marotta all’Istituto Filosofici passava Gadamer. E che dal San Carlo c’era Sawallisch. Insomma tante cose interessanti. Poi l’incontro col direttore di Radio Korea e la sua idea, coltami numerosi anni dopo con una telefonata all’alba, di farmi trasferire per un anno nel suo Paese.

La collaborazione con AWR, con una trasmissione sul radioascolto, era un lavoro come un altro. Poi per etica professionale andai a conoscere chi erano gli avventisti. Scoperto che non mordevano, me li scordai per un attimo e continuai la vita di tutti i giorni. Dopo mi accorsi che la radio mi aveva fatto scoprire anche la religione. Lo avevo già fatto prima, sul lavoro, quando per la radio tedesca avevo intervistato i pastori delle comunità tedesche cattoliche e protestanti, e quest’ultimi non mi sembrava ragionassero male.

Ci sarebbero tante cose da raccontare su esperienze di questo tipo.

Un aneddoto che mi sento di raccontare, riguarda la realizzazione della sigla “Radiomagazine”, fatta tutta fra mura casalinghe e con un REVOX a due piste. Ho utilizzato un brano di McCartney, il famoso ex Beatles, che in un momento della sua vita si rinchiuse in casa, con delle apparecchiature nuove di zecca, l’epoca in cui da poco si vedevano certi macchingegni, e produsse un LP che ebbe tanto successo. Sulla foderina del disco, c’era McCartney fra i microfoni alle prese di un registratore multipista  e suo figlio che gli tira la maglietta. Alcuni anni dopo questa mia scelta mi sono ritrovato nella sua stessa situazione, e fra una registrazione e un’altra c’è sempre Assia, mia figlia che …mi tira la magletta…. o come diciamo da noi a Napoli “pettola di mamma”…. in questo caso di papà, e più di una volta la sua vocina si è sentita in tutta Europa!

                                                     

 

 

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